“Safety Sostenibile verso una visione olistica della sicurezza per aumentare produttività e benessere”. Pubblicato in “Ambiente e Sicurezza”, EPC Editore, gennaio 2016

Sviluppo sostenibile

La Conferenza sui cambiamenti climatici COP 21, che si è tenuta a Parigi dal 30 novembre al 12 dicembre del 2015, ha richiamato l’attenzione sui temi ambientali.  I cambiamenti climatici, il progressivo esaurirsi delle risorse naturali, le modifiche all’ecosistema sono il risultato di politiche e azioni, sia individuasviluppo sostenibileli che sociali, unidirezionali in cui la sostenibilità ha trovato posto secondario.  Il tema dell’ambiente costituisce solo una delle componenti fondamentali dello sviluppo sostenibile[1], concetto multidimensionale in cui rientrano la componente sociale e la componente economica. Dall’intersezione di tali componenti viene fuori la sostenibilità intesa come la capacità di proporre programmi e azioni senza privilegiare esclusivamente solo una di queste dimensioni ma in un’ottica di insieme (figura 1).

Safety sostenibile

Quando si parla di Sviluppo Sostenibile, si è sempre considerata la sicurezza sul lavoro come uno degli ingranaggi del meccanismo, rientrate il più delle volte nella sfera sociale e in quella ambientale. Le ultime ricerche empiriche a livello europeo e internazionale evidenziano come politiche attive verso la sicurezza sul lavoro contribuiscano a migliorare il benessere umano senza compromettere quello delle generazioni future. Per l’Internazional Labour Organization (ILO)[2] il benessere nei luoghi di lavoro si riferisce a tutti gli aspetti della vita lavorativa: dalla qualità e sicurezza dell’ambiente fisico, a come i lavoratori percepiscono il lavoro e l’ambiente in cui si svolge l’attività lavorativa, al clima sul posto di lavoro e l’organizzazione dello stesso. Il benessere dei lavoratori è un fattore chiave nel determinare l’efficacia a lungo termine di un’organizzazione. Molti studi dimostrano un legame diretto tra i livelli di produttività e il benessere fisico-psichico dei lavoratori. Lo scopo delle misure per il benessere sul posto di lavoro è quello di integrare le misure di SSL per assicurarsi che i lavoratori siano sicuri, sani, soddisfatti e impegnati sul lavoro. Le persone occupate spendono in media circa un terzo del loro tempo sul posto di lavoro. L’ occupazione e le condizioni di lavoro hanno forti effetti sulla equità nella salute. Le buone condizioni di lavoro, in grado di fornire protezione fisica e sociale, determinano uno sviluppo personale, migliorano le relazioni sociali e l’autostima determinando conseguentemente effetti positivi sulla salute. Inoltre la salute dei lavoratori è un prerequisito essenziale per il reddito delle famiglie, la produttività e lo sviluppo economico. L’European Foundation for the improvement of Living and Working Conditions (Eurofound) introduce una definizione operativa di “lavoro sostenibile” [3] intendendo con ciò condizioni di lavoro e di benessere lavorativo tali da far impegnare le persone nel lavoro e prolungarne la vita lavorativa. Il termine ‘sostenibilità’ in relazione al lavoro è utilizzato anche dai ricercatori scandinavi[4] che contrappongono sistemi di lavoro sostenibili con i sistemi di lavoro intensivi. Gli autori sostengono che i sistemi di lavoro intensivi, a lungo andare, hanno effetti dannosi per gli individui e sulla qualità dei prodotti e dei servizi inerenti all’attività lavorativa. L’alternativa che essi propongono è un lavoro sostenibile nel corso della vita, un approccio basato sull’idea che il sistema-lavoro (comprensivo anche degli aspetti organizzativi) dovrebbe essere l’obiettivo principale per uno sviluppo sostenibile. Questo approccio rimane molto influente in tutti i paesi nordici, che continuano a lavorare e riflettere su queste questioni, non solo nella comunità di ricerca, ma anche nel dialogo e nella cooperazione con le istituzioni sociali e decisori, comprese le parti sociali e le autorità pubbliche. Visione ripagata da alti indicatori della qualità della vita rispetto agli altri paesi europei[5]. Una ricerca della World Health Organization[6] ha dimostrato che i problemi di salute legati al lavoro si traducono in una perdita economica equivalente al 4-6% del PIL per la maggior parte dei paesi. Le iniziative relative alla sicurezza nei luoghi di lavoro possono contribuire a ridurre l’assenteismo per malattia del 27% e i costi per le imprese del 26%. Secondo l’EU-OSHA[7], le tre categorie di costi di base che dovrebbero essere incluse nella stima dei costi della non sicurezza sono i costi sanitari (diretti), i costi di produttività (indiretti) e le perdite nella qualità della vita (intangibili). Individua inoltre nei modelli di stima proposti dal Health and Safety Executive (HSE) del Regno Unito e dal Safe Work Australia, Agenzia indipendente australiana, delle buone pratiche seppur sottostimate che possono costituire un punto di partenza e di confronto tra i paesi membri, anche se ciascun Paese dovrebbe, per peculiarità culturali, strutturali e territoriali adottare un proprio modello. L’ HSE ha stimato i costi per l’economia del Regno Unito di morti sul lavoro, infortuni e problemi di salute (esclusi i tumori professionali) nel 2010/11, a prezzi 2010, come 13.424 milioni di sterline, circa l’1% del PIL, mentre i costi per l’economia australiana nel 2008/2009 ammontavano al 4,8% del PIL. Alcuni incidenti, come quelli industriali, possono causare gravi danni ambientali che colpiscono le persone al di là del luogo di lavoro e contribuiscono a danneggiare l’intero ecosistema rendendone difficile la stima. Questi rischi non sono limitati solo ai paesi in via di sviluppo, come dimostrano le recenti vicende europee e italiane. EU-OSHA oltre a consigliare di considerare almeno i costi di produttività, i costi sanitari e la qualità della vita per poter avere una stima accurata, sottolinea come i costi amministrativi e costi assicurativi ove possibile dovrebbero essere inclusi, ma sostiene anche che essi sono meno significativi ai fini della quantificazione. Ulteriore considerazione che porta maggiormente a non considerare adeguati sistemi di misurazione nazionali che tendono a misurare il livello della sicurezza sul lavoro considerando il numero degli infortuni denunciati e indennizzati.

Prospettive

L’aumento della speranza di vita alla nascita e i bassi tassi di fertilità stanno rapidamente trasformando la struttura per età dell’Europa, compresa l’Italia, in modo tale da compromettere sia la sostenibilità del welfare che i sistemi di protezione sociale. La popolazione in età lavorativa tende a ridursi in modo significativo, mentre cresce la popolazione in età pensionabile. Di fatto uno degli obiettivi della Commissione Europea di “Europa 2020. Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva” (Comunicazione della Commissione Europea, del 3 marzo 2010) è quello di portare almeno al 75% il tasso di occupazione delle persone di età compresa tra 20 e 64 anni, il che equivale a introdurre più persone nel mondo del lavoro e far sì che esse vi rimangano il più a lungo possibile, spostando l’età pensionabile. In tale scenario la sicurezza sul lavoro acquista un ruolo centrale e portante: occorre guardare con maggiore attenzione all’equilibrio psico-fisico del lavoratore, garantendone la continuità lavorativa e considerare al contempo, attraverso la ricerca quantitativa le implicazioni che determinate politiche e azioni determinano sull’intero sistema ai fini di uno sviluppo sostenibile.

Misurare per decidere

Non si può gestire ciò che non si misura. Ciò che non viene misurato non si conosce e ciò che non si conosce non può essere migliorato. Partendo da questo presupposto, la misurazione a livello nazionale nell’ambito della sicurezza sul lavoro è necessaria per programmare, valutare, controllare, migliorare. Ma che tipo di misura?

L’articolo 2 e l’allegato IV al regolamento (CE) n. 1338/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, stabiliscono l’obbligo per ciascun paese membro di fornire statistiche sugli incidenti sul lavoro alla Commissione europea competente (Eurostat) in base al progetto ESAW[8] nato nel 1990. Le statistiche devono essere trasmesse con cadenza annuale e i dati devono essere forniti entro 18 mesi dalla fine dell’anno di riferimento. L’ESAW (Statistiche europee degli infortuni sul lavoro) è la principale fonte di dati per le statistiche europee in materia di salute e sicurezza del lavoro, include i dati sugli infortuni sul lavoro che si traducono in almeno quattro giorni di calendario di assenza dal lavoro, compresi gli infortuni mortali. La frase ‘nel corso del lavoro’ significa occorso mentre si è impegnati in un’attività professionale o durante il tempo trascorso sul posto di lavoro. I dati prodotti dall’ESAW, includono i casi di incidenti stradali nel corso del lavoro, ma esclude gli incidenti durante il tragitto tra casa e luogo di lavoro (in itinere)[9]. Trattandosi di Indicatori “a posteriori”, dopo che l’evento si è verificato hanno l’unica funzione di benchmarking e nulla dicono, per la necessità di standardizzare la raccolta degli stessi, dei miglioramenti fatti in termini di politiche attive e miglioramenti efficaci nella gestione della sicurezza sul lavoro. Per l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA)[10] il benchmarking è stato definito come un’analisi comparativa con cui l’organizzazione mette a confronto le sue prestazioni, organizzazioni e strumenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro con quella degli altri membri, per trarre da essi spunti di conoscenza e concorrere ad un circolo virtuoso tra stati. Nel grafico 1 viene fatto un confronto tra i tassi standardizzati di incidenza infortunistica tra i Paesi dell’Unione Europea[11]. Sulla base di ciò che è stato detto precedentemente scopo di tale grafico è solo quello di guardare ai paesi che presentano un basso tasso standardizzato rispetto all’Italia. L’EU-OSHA così come la norma UNI 7249:2007 sottolineano come sia importante ai fini di una misurazione efficace interna utilizzare quale indicatore l’indice di frequenza che fornisce il numero di infortuni avvenuti ogni milione di ore lavorate. Esso è dato dal rapporto

indice infortuni

 L’INAIL utilizza quale indicatore l’ indice di frequenza per 1.000 addetti, che è dato dal rapporto tra infortuni indennizzati (integrati per tenere conto dei casi non ancora liquidati) e numero degli esposti (addetti). La proprietà di adeguatezza[12] di tale indicatore non è soddisfatta se con esso si volesse misurare il livello di sicurezza sul lavoro in un determinato tempo: il dato è sottostimato in quanto il numero degli addetti è a sua volta ricavato dal monte salari dichiarato dall’azienda e non corrisponde al numero reale di lavoratori (si tratta di addetti stimati). Per le ditte alle quali viene applicata una polizza speciale, ad esempio cooperative

Grafico 1. Elaborazione su dati  EUROSTAT

grafico confronto infortuni Italia

 

di Pesca e Facchinaggio il dato non è disponibile; inoltre poiché si parla di rischio e  ci si muove in un ambiente probabilistico, il denominatore deve fare riferimento a tale concetto (il rischio varia al variare del numero di ore di esposizione).

Molti Paesi UE hanno fornito delle linee guida per aiutare le aziende a stimare tale dato internamente, di fatto l’indice di frequenza proposto dall’EU-OSHA e dalla Norma UNI 7249:2007 è quello maggiormente utilizzato anche nei paesi extra europei.

La ricerca, una priorità

Indicatori come l’indice di frequenza, l’indice di incidenza e di gravità, sono indicatori detti a posteriori, dopo che il fatto si è verificato e nulla aggiungono alla ricerca in tale campo se non una fotografia, sfocata in alcuni casi, di un panorama ben più ampio. Fare ricerca nel campo della sicurezza sul lavoro e quindi per lo sviluppo sostenibile, sulla base di ciò che è stato detto precedentemente, vuol dire orientarsi sui sistemi di reporting dei near miss studiandone la possibilità di rendicontazione;  vuol  dire anche identificare finora rischi e pericoli sconosciuti, o potenziali fattori che contribuiscono ai livelli di sicurezza sul lavoro; individuare e stabilire a livello nazionale un numero di indicatori chiave di performance (KPI) per misurare e comparare internamente nel tempo le prestazioni operative in materia di SSL; confrontare e misurare la vulnerabilità tra i gruppi di lavoratori[13];  studiare e proporre sistemi di reporting normati e condivisi che vadano al di là dei fini dell’EU-OSHA; proporre e studiare nuovi strumenti per la valutazione dei rischi a livello nazionale; predisporre già oggi a beneficio delle generazioni future programmi di studio obbligatori nelle scuole superiori, etc. Per poter fare ricerca il punto di partenza è anche il poter disporre di dati il più possibile coerenti, armonizzare la raccolta dei dati[14] per fornire impulso alle metodologie statistiche nel tentativo di rilevare l’importanza dei fattori indagati e la correlazione di essi con altri fattori, il tutto per una visione della sicurezza sul lavoro non più come area a se stante, riguardante per lo più aspetti assicurativi, ma come parte integrante e propulsiva di politiche di sviluppo sostenibile.

di Giudice Valentina

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1] Nel 1987 la World Commission on Environment and Development, conosciuta come Commissione Bruntland, pubblicò il rapporto “Our Common Future”, il quale introduceva il concetto di sviluppo sostenibile definendolo come uno sviluppo che soddisfi i bisogni presenti senza compromettere l’abilità delle future generazioni di soddisfare i propri.

[2] International Labour Organization (ILO), “Workplace well-being”, 2009.

[3] Eurofound, “Sustainable work over the life course: Concept paper”, Publications Office of the European Union, Luxembourg, 2015.

[4] Docherty, P., Forslin, J., Shani, A. B. Rami, Creating sustainable work systems – Emerging perspectives and practices, Routledge, London, 2009.

[5]Quality of life”, Publications Office of the European Union, 2015.

[6] World Health Organization, “Protecting workers’ health”, Fact sheet N°389, April 2014.

[7] European Agency for Safety and Health at Work (OSHA-EU), “Estimating the cost of accidents and ill-health at work: A review of methodologies”, European Risk Observatory. Publications Office of the European Union, 2014.

[8] Nel 1990 è stato varato il progetto di Statistiche europee sugli infortuni sul lavoro (Esaw) con l’obiettivo di armonizzare i dati relativi agli infortuni sul lavoro dei paesi membri, che comportano un’assenza dal lavoro superiore a tre giorni.

[9] Ciò non vale per tutti i paesi europei. Ad esempio, nel Regno Unito gli incidenti sul lavoro che si verificano nel traffico (durante il lavoro) non sono coperti dal sistema di rendicontazione e quindi non vengono inclusi nel sistema dei dati.

[10]Review of successful Occupational Safety and Health benchmarking initiatives”, European Agency for Safety and Health at Work, Publications Office of the European Union, 2015

[11]I Tassi di incidenza standardizzati sono calcolati in modo da consentire il confronto tra i paesi (alcuni paesi hanno grandi settori ad alto rischio in termini di incidenti sul lavoro, ad esempio per quanto riguarda determinate occupazioni nel settore dei trasporti, costruzioni, manifatturiero e l’agricoltura). Il metodo consiste nel moltiplicare i tassi di incidenza con opportuni pesi che tengano conto della percentuale di forza lavoro presente in un determinato settore sul totale della forza lavoro dell’UE.

[12] La proprietà di adeguatezza è la proprietà di un indicatore di rispondere ai bisogni conoscitivi del ricercatore. Di fatto tale indicatore è inadeguato ai fini della ricerca ma adeguato ai fini dell’INAIL.

[13] Per citare solo alcune delle numerose ricerche in tale campo: D. Podgórski , “Measuring operational performance of OSH management system – A demonstration of AHP-based selection of leading key performance indicators”, Safety Science 73 (2015) 146–166; P.M. Smith et al. “The development of a conceptual model and self-reported measure of

occupational health and safety vulnerability, Accident Analysis and Prevention 82 (2015) 234–243.

[14] Sebbene già nel Dlg.s 81/08 si faceva riferimento al SINP, Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro ad oggi non risulta ancora disponibile.